sabato 16 maggio 2009

Acqua Pradis..... si va in Appello a Trieste

Avanti la Corte d’Appello di Trieste

ATTO di CITAZIONE

ex art. 20 D.Lgs. n. 5/2003

* * *

Gli avvocati Alberto Cassini e Pompeo Pitter di Pordenone, della cui assistenza si valgono -per mandato in calce- Danilo, Walter e Christian Poci, elettivamente domiciliati a Trieste nello studio dell’avvocato Piero Gerin in via Carducci n. 10

nella vertenza

contro

Giusyrossi Srl da Conegliano, Rapisardi Giovanni detto Zorro in persona del legale rappresentante pro tempore, con gli avvocati Pierluigi Ronzani ed Anna D’Agostino

Andromeda Spa (già srl) da Clauzetto, in persona del legale rappresentante pro tempore, con gli avvocati Pierluigi Ronzani ed Anna D’Agostino

Lucio Lenardon, Federico Andronico e Grusan Srl (in persona del legale rappresentante pro tempore), con gli avvocati Gabriele Cianci ed Anna D’Agostino

Srl Fiduciaria Renzi da Udine, in persona del legale rappresentante pro tempore, serbatasi contumace in primo grado

per la riforma

della sentenza n. 518/2008 del Tribunale di Pordenone

e s p o n g o n o:


- Premesse.

Gli appellanti risultavano titolari alla data del 4 ottobre 2004 d’una partecipazione nella Srl Andromeda (ora Spa) di Clauzetto pari al 25%: Danilo per il 12%, Walter per l’8% e Cristian per il 5%.

Il residuo capitale era all’epoca intestato per il 18,25% (ciascuno) alla Fiduciaria Renzi, a Lucio Lenardon, a Federico Andronico e alla s.a.s. Grusan (ora Srl).

Con atto di cessione del 4 ottobre 2004 (doc. 1 del fascicolo di primo grado) Lenardon, Andronico e Grusan trasferirono la propria partecipazione alla Giusyrossi Srl di Conegliano per un corrispettivo globale di Euro 1.575.000,00 (525.000,00 Euro per ciascun cedente).

La vendita avvenne in spregio al diritto di prelazione previsto dall’art. 7 dello statuto sociale e ciò indusse i consorti Poci con citazione del 12 dicembre 2005 ad esperire il retratto.

* * *

Riproponiamo i progressivi stadi della vicenda, con i necessari riscontri documentali.

Con una prima nota del 14 luglio 2004 fu manifestato dagli altri soci –escluso il Macorig- il proposito di spogliarsi delle quote (vi aderiva anche la Fiduciaria Renzi) per un corrispettivo globale di Euro 2.628.000,00 (doc. 2).

Tale importo andava ascritto per 2.445.500,00 Euro alle quote sociali e per 182.500,00 Euro alla cessione d’un finanziamento soci: ciascuno dei quattro avrebbe quindi conseguito 657.000,00 Euro.

Venne allora rilevata una prima omissione: lo statuto infatti prevedeva fossero indicate –per consentire un corretto esercizio della prelazione (e valutarne comunque l’opportunità)- anche le generalità del cessionario; e ciò stante l’ovvia rilevanza dell’intuitus personae nel contesto dell’operazione.

Le controparti vi supplirono con la nota integrativa del successivo 17 agosto, ove si precisò che interessata all’acquisto era la S.r.l. Giusyrossi di Conegliano: detta comunicazione venne inoltrata dal solo Lenardon, il quale peraltro precisava di agire “di comune accordo con gli altri soci Andronico, Grusan e Fiduciaria Renzi” (doc. 3).

In essa fra l’altro si ribadiva che a fronte del 18,25% ciascuno intendeva realizzare 657.000,00 Euro per un totale di 2.628.000,00, lasciando supporre che tale fosse l’offerta della società di Conegliano.

S’appurò poi che così non era.

Non stiamo a rimarcare che secondo un univoco indirizzo della giurisprudenza “la comunicazione dell’offerta……deve contenere tutti gli elementi dell’accordo sì da tradursi in una vera e propria proposta contrattuale”.

Su queste basi fu poi spiccato un formale “invito ad adempiere” (doc. 4) diffidandosi il solo Danilo Poci (e non gli altri che pur vantavano identica facoltà di prelazione) “a presentarsi il giorno 27 settembre 2004 alle ore 17.00 nello studio del notaio dott. Simoncini per procedere alla stipula del rogito di compravendita della quota complessivamente rappresentativa del 73% del capitale sociale e al contestuale pagamenti per contanti della somma complessiva di Euro 2.628.000,00…..”.

Quell’atto contemplava infine l’usuale avvertimento che il termine prefisso doveva ritenersi essenziale e che in caso d’inadempimento “la prelazione diverrà inefficace….. con il conseguente trasferimento a terzi della quota pari al 73% del capitale sociale”.

Sul fronte opposto invece proseguivano –come successivamente s’apprese- le trattative con Giusyrossi, la quale sembra avesse manifestato perplessità circa l’importo richiestole (s’intende i 2.628.000,00 Euro) tant’è che demandò ad un proprio consulente, il commercialista Azzano Cantarutti, la valutazione di Andromeda.

Il che significa che agli odierni appellanti era stato prospettato l’esercizio della prelazione, lasciando loro supporre che la società di Conegliano fosse disposta a versare un corrispettivo, sul cui ammontare non era invece intervenuta alcuna preliminare intesa.

In tale contesto sopravvennero poi dei dissapori: emerse il marcato dissenso del dott. Venturini, legale rappresentante della Fiduciaria, che dichiarò di non esser disposto ad accettare significative riduzioni del prezzo da lui richiesto (ed evidentemente non accettato da Giusyrossi).

I Poci ebbero così sentore che quest’ultima non avrebbe affatto acquistato le quote per il corrispettivo che era stato invece loro indicato ai fini della prelazione: e che anzi le parti stavano trattando su un corrispettivo vistosamente inferiore (oltre 500.000,00 Euro in meno).

Essi attesero quindi che per l’eventuale esercizio della prelazione –su tutt’altre basi economiche- venisse rinnovata la denuntiatio, essendo radicalmente mutate le prospettive di vendita.

Per un’esaustiva ricostruzione dei fatti dobbiamo anche aggiungere che Danilo Poci comunicò il 25 agosto che egli intendeva esercitare la prelazione, riservandosi tuttavia di verificare la congruità del prezzo (doc. 5).

Riallacciandosi poi a quella precedente comunicazione (doc. 6 del 16 settembre 2004) ribadì comunque che il corrispettivo richiestogli appariva “esagerato e non conforme ai parametri di valutazione”.

Sopravvenne il 25 settembre (sabato) un telegramma dell’avvocato Pierluigi Ronzani (mittente di fatto non era lui, bensì l’avvocato Gabriele Cianci di Udine) che dichiarava d’agire quale procuratore speciale della Giusyrossi “e per conto della Fiduciaria Renzi e del signor Andronico”: rimase quindi estranea a quest’ultima iniziativa la s.a.s. Grusan.

Con tale comunicazione dai contenuti ultimativi (doc. 7) –pervenuta il sabato, come s’evince dal timbro postale- i Poci venivano convocati avanti il notaio per il successivo lunedì 27 e -nonostante la manifesta inadeguatezza del termine loro prefisso (in violazione dello scolastico canone di buona fede)- avrebbero dovuto munirsi della rilevante necessaria provvista “in contanti”.

Appare poi singolare che in quel telegramma sia invece controparte a rammentare (con una paradossale inversione dei ruoli) il rispetto “d’inderogabili principi di correttezza e buona fede” (sic).

A quest’estemporanea richiesta non fu ovviamente dato seguito, poichè il dott. Venturini (legale rappresentante della Fiduciaria Renzi) avvertì i Poci che l’avvocato Ronzani (e con lui il mittente, avvocato Cianci) millantavano un’asserita rappresentanza della Fiduciaria stessa, senza che fosse loro mai stato conferito un qualche incarico.

In questo distrofico contesto –caratterizzato da omissioni, contraddittorietà, reticenze, millanterie, diversità di corrispettivi- gli odierni appellanti s’astennero da qualsiasi iniziativa in attesa che le controparti dessero coerente seguito al proposito di vendere, indicando –ai fini della prelazione- l’effettivo prezzo che avrebbero conseguito da Giusyrossi e precisando, una volta per tutte, chi fossero i cedenti: i quattro soci Lenardon, Andronico, Grusan e Fiduciaria (come pareva dalle comunicazioni iniziali) o due soltanto di essi (come risultava dal telegramma) o uno soltanto (vista la smentita della Fiduciaria)?

Il 27 settembre Lenardon, Andronico e Grusan sottoscrissero una convenzione preliminare, con la quale s’impegnavano a trasferire le proprie quote alla società di Conegliano.

Non vi aderì ovviamente la Fiduciaria Renzi che aveva assunto una posizione di dichiarato dissenso circa le nuove condizioni di vendita.

Era peraltro in questo momento che andava fatta esercitare la prelazione sulla base dell’effettivo prezzo concordato.

Seguì la stipula del successivo 4 ottobre per un corrispettivo di 1.575.000,00 Euro, pari a 525.000,00 Euro per ciascuno dei tre cedenti (da imputarsi per 479.375,00 alle quote sociali e per 45.625,00 Euro alla cessione al nominale d’un finanziamento): trattavasi d’un importo largamente inferiore a quello indicato ai fini della prelazione nelle comunicazioni dianzi citate (doc. 2, 3 e 4).

I Poci hanno pertanto contestato quella stipula con raccomandata r.r. del 26 ottobre 2004 (doc. 8), ribadendo che era stata elusa a proprio danno la facoltà di prelazione e dichiarando che intendevano esperire il riscatto.

Identica volontà venne anche espressa –sulla base d’analoghi presupposti- dalla Fiduciaria Renzi nei confronti della quale sussiste la medesima violazione e alla quale i cedenti non sembra abbiano neppur consentito –inviandole un formale avviso- l’esercizio della prelazione (doc. 9).

* * *

- Ricostruzione cronologica sulla base dei riscontri documentali integrati dalle risultanze testimoniali.

- 14 luglio 2004.

I soci Lenardon, Andronico, Grusan e Fiduciaria Renzi comunicano a Danilo, Walter e Christian Poci “l’intenzione di cedere le quote della Srl Andromeda, pari al 73% al prezzo di 2.628.000,00 Euro” (doc. 2 del fascicolo di primo grado).

Ha riferito il dott. Venturini, legale rappresentante della Fiduciaria, che il dì precedente era stato raggiunto un accordo di massima per la vendita, ma esso “lasciava aperta la possibilità che il prezzo, come indicato nella missiva in complessivi Euro 2.628,00…..potesse essere rideterminato sulla scorta d’una verifica tecnico-contabile commissionata al dott. Azzano Cantarutti”.

Ai fini della prelazione quindi quest’atto è del tutto irrilevante, poichè il corrispettivo effettivo –alla stregua appunto di quella verifica- risultò poi di parecchio inferiore.

- 17 agosto 2004.

Con altra nota Lenardon ribadisce a Danilo Poci l’intenzione di cedere per il corrispettivo di 657.000,00 Euro la propria quota (pari al 18,25%), avvertendo che analoga disponibilità hanno espresso i soci Andronico, Grusan e Fiduciaria Renzi (doc. 3).

- 27 agosto 2004.

Danilo Poci avverte Lucio Lenardon che intende esercitare la facoltà di prelazione ed acquistare tutte le quote in vendita, ma si riserva di valutare la congruità del prezzo: (testualmente) “fatto salvo il diritto di analizzare la situazione contabile della società e per questo ho dato incarico ad una società di mia fiducia” (doc. 5).

Le perplessità espresse dal Poci non erano infondate se anche Giusyrossi s’era riservata analoga verifica.

- 2 settembre 2004.

Lenardon, Andronico, Grusan e Fiduciaria Renzi invitano il solo Danilo Poci (e non Walter e Cristian che pur vantavano identica facoltà di prelazione) “a presentarsi il giorno 27 settembre 2004 alle ore 17 nello studio del notaio Simoncini per procedere alla stipula del rogito di compravendita della quota complessivamente rappresentativa del 73% del capitale sociale e al contestuale pagamento per contanti (sic!) della somma complessiva di Euro 2.628.000,00”.

Anche quest’atto ai fini della prelazione è irrilevante per le ragioni anzidette.

Si lascia infatti supporre che quell’importo fosse l’effettivo prezzo di vendita, tacendo invece che è in corso il controllo demandato al commercialista Azzano Cantarutti (per cui il corrispettivo definitivo non era ancora stato fissato).

Questo documento è del 2 settembre, abbiamo poi appreso dal dott. Venturini che quel professionista “ultimò le proprie operazioni il 22 settembre”.

Gli altri soci non potevano quindi effettuare –ai fini della prelazione- la denuntiatio sin che non ne fossero noti gli esiti.

- 16 settembre 2004.

Danilo Poci scrive a Lenardon (doc. 6) affermando d’aver effettuato una ricognizione di carattere contabile e di ritenere “la richiesta esagerata e non conforme ai parametri di valutazione” (s’allude alla pretesa di 657.000,00 Euro per la quota del Lenardon del 18,25%).

Tale rilievo era corretto poiché anche Azzano Cantarutti –lo si è appreso poi- sarebbe giunto ad analoghe conclusioni: “dalle verifiche compiute risultava una diminuzione del valore della società di circa 900.000,00 Euro”.

- 22 settembre 2004.

Su quest’episodio manca il riscontro documentale, ma v’è la nitida deposizione del dott. Venturini, che aveva appena appreso i risultati della verifica di Azzano Cantarutti.

“Ritenni non giustificata –così s’è espresso il rappresentante della Fiduciaria- tale valutazione e quindi mi dissociai dagli altri potenziali cedenti; precisai anche che non avrei venduto la mia quota per meno di 600.000,00 euro”.

I venditori non furono scorretti solo nei confronti dei Poci, ai quali fu taciuto l’esito della verifica, ma anche nei confronti dello stesso dott. Venturini.

Questi ha riferito in proposito “a Lenardon, che dagli altri due quotisti era stato incaricato di proseguire le trattative, dissi anche che mi avrebbe dovuto informare, anzi che mi avrebbe dovuto coinvolgere……il Lenardon mi assicurò al riguardo, ma non mantenne l’impegno e due giorni dopo concluse le trattative”.

- 25 settembre 2004.

Giunge a Danilo Poci (e non a Walter e Christian) un telegramma dell’avvocato Pierluigi Ronzani (ma mittente di fatto è l’avvocato Gabriele Cianci), nel quale il professionista dichiara d’agire quale procuratore speciale di Giusyrossi “e per conto della Fiduciaria Renzi e del signor Andronico” (doc. 7), convocandolo nello studio del notaio Simoncini.

Come s’evince dal timbro postale, il telegramma giunse al destinatario il 25 (sabato) e la convocazione era fissata per il successivo lunedì 27 (qualificandosi quel termine come “essenziale”).

L’avvocato Ronzani dichiarava espressamente d’agire per conto della Fiduciaria e dell’Andronico (restavano quindi estranei all’iniziativa Grusan e Lenardon, che poi effettivamente cedettero).

Poci quello stesso sabato interpellò il dott. Venturini, e questi gli confermò di non aver conferito alcun mandato all’avvocato Ronzani: s’astenne quindi dal presentarsi dal notaio.

Ha dichiarato al riguardo il rappresentante della Fiduciaria: “ricevo lettura del telegramma (doc. 7 attoreo) ed in primo luogo smentisco categoricamente che il prof. Ronzani avesse ricevuto da me qualsivoglia mandato…..”.

Il dott. Venturini conferma di averne parlato con Poci,: “nei giorni in cui è stato inviato il telegramma ebbi modo di scrivere o parlare con Danilo Poci dello stesso: la mia posizione fu esternata in modo chiaro, non solo il prof. Ronzani non aveva alcun mandato a rappresentarmi, ma anche l’offerta di cui al telegramma -per quanto mi riguardava- era ben al di sotto di quello che la mia società intendeva ricavare….”.

Le dichiarazioni del dott. Venturini vanno correlate alla deposizione del dott. Alberto Sandrin: “verso la fine del settembre 2004, un giorno di sabato, ricevetti una concitata telefonata da Danilo Poci…..il giorno successivo Poci mi telefonò dicendomi d’aver contattato la Fiduciaria -credo per il tramite del dott. Venturini- ed aveva così appreso che la stessa non aveva alcuna intenzione di cedere la propria quota al prezzo indicato nel telegramma; io consigliai Poci di non presentarsi all’appuntamento….”.

Anche quel telegramma è quindi del tutto irrilevante ai fini della prelazione: anzitutto perché la proposta fu formulata solo dall’Andronico e quindi mancavano Lenardon e Grusan che poi effettivamente cedettero a Giusyrossi.

In questo torbido pasticcio è singolare la giustificazione addotta dalle controparti: quel telegramma non fu inviato con un intento serio, bensì –così scrivono testualmente- “allo scopo di smascherare il palese ostruzionismo dei Poci” (sic).

- 27 settembre (lunedì) 2004.

Lenardon, Andronico e Grusan sottoscrivono una convenzione preliminare con la quale s’impegnano a trasferire le proprie quote alla Giusyrossi Srl.

I Poci e lo stesso dott. Venturini ignorano quel che sta accadendo.

E’ significativo quanto ha riferito il rappresentante della Fiduciaria: “l’accordo che si profilava portava i venditori a garantire per il rispetto del diritto di prelazione spettante ai Poci; come ho detto –nonostante il mio dissenso ed i miei consigli dissuasivi- gli altri soci si risolsero ad accordarsi con Giusyrossi per il prezzo di 1.575.000,00 Euro”.

Ed è oltremodo grave che nel contesto della cessione i venditori prestassero garanzia per la prelazione che non era neppur stata fatta esercitare ai Poci!

- 29 settembre 2004.

Il dott. Venturini riceve dall’avvocato Cianci (doc. 18 del fascicolo dei convenuti) una missiva, con la quale lo si avverte che se la Fiduciaria non avesse aderito nei termini prospettati da Giusyrossi, la società di Conegliano “non è più interessata all’acquisizione della partecipazione”.

- 4 ottobre 2004.

Con atto rogato dal notaio Simoncini rep. 17698 (doc. 1), Lenardon, Andronico e Grusan cedono alla società di Conegliano per un corrispettivo globale di 1.575.000,00 Euro (pari a 525.000,00 per ciascuno dei tre cedenti.

Il trasferimento delle quote avviene quindi per un corrispettivo diverso (rectius di gran lunga inferiore) rispetto a quello prospettato nella corrispondenza dianzi citata.

- 26 ottobre 2004.

I consorti Poci –quindi Danilo, Walter e Christian- contestano a Lenardon, Andronico, Grusan e Giusyrossi che la cessione è avvenuta eludendo la facoltà di prelazione ed avvertendoli che intendono esperire il riscatto delle quote vendute in violazione della disciplina statutaria (raccomandata doc. 8).

- 26 ottobre 2004.

Analogo proposito manifesta la Fiduciaria Renzi: anch’essa lamenta l’elusione della facoltà di prelazione (doc. 9).

Il dott. Venturini sottolinea in quella missiva “che Lenardon era privo di poteri di rappresentanza idonei ad agire in nome e per conto della Fiduciaria, e che si riserva nei confronti di quest’ultimo ogni azione di risarcimento”.

La vendita è dunque avvenuta in spregio al diritto di prelazione previsto dallo statuto sociale all’epoca vigente (doc. 10) sotto un duplice profilo: manca infatti una valida denuntiatio da parte di tutti i cedenti ed è stato comunque prospettato (sia pur nel contesto di quegli atti distrofici) un corrispettivo diverso (e comunque maggiore) rispetto a quello dedotto nel preliminare e nel successivo rogito.

A dispetto dell’evidenza e dei riscontri documentali –secondo l’assunto di controparte- le rivendicazioni dei Poci sarebbero “risibili” in quanto sarebbero stati posti comunque in grado d’esercitare la prelazione “mediante plurimi atti scritti” (così nelle scritture di primo grado).

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- Sull’arbitrato.

Lo statuto di Andromeda –approvato il 9 settembre 2004 (doc. 10), ben prima della controversa cessione- prevedeva all’art. 27 che “qualsiasi controversia dovesse insorgere fra i soci ovvero fra i soci e la società, che abbia ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, ad eccezione di quelle nella quale la legge prevede l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero, dovrà esser risolta da un arbitro unico nominato su istanza della parte più diligente dal Presidente del Tribunale del luogo ove ha sede la società”.

Detta previsione andava raccordata all’art. 34 n. 3 del D. Lgs. n. 5/2003, sulla scorta del quale una clausola siffatta vincola tutti i soci “inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto di controversia”: il che significa essa valeva sia per l’acquirente Giusyrossi S.r.l., sia per i soci Lenardon, Andronico e Grusan s.a.s., che delle quote si sono spogliati a suo favore, trattandosi di soggetti comunque tenuti all’osservanza della disciplina statutaria.

I consorti Poci s’accingevano a chiedere la designazione dell’arbitro, quando li prevenne la nomina da parte del Presidente del Tribunale di Pordenone su istanza della Fiduciaria (doc. 11 del 15.12.2004).

Dovendo essere trattata la vicenda –stante l’identità dei presupposti e la scontata connessione- in un unico contesto, i Poci intervennero nel procedimento arbitrale, valendosi della facoltà espressamente contemplato dall’art. 35 n. 2 della riforma (D.Lgs 5/2003).

L’arbitro prof. Mauro Pizzigati –dopo l’accettazione dell’incarico- venne investito da due distinte impugnative innanzi il Tribunale ordinario di Venezia: con la prima le nostre controparti sollecitarono un’inibitoria ex art. 700, respinta con provvedimento del 21 giugno 2005 (doc. 12); con la seconda Giusyrossi, Lenardon, Andronico e Grusan sostennero che il contenzioso radicato nei confronti dell’arbitro ne giustificasse la ricusazione: istanza accolta (doc. 13) sulla scorta del principio che “l’esistenza di una lite promossa da una parte contro il giudicante necessariamente incide -indipendentemente dalla sua fondatezza- consapevolmente o inconsciamente sulla serenità ed obbiettività del giudizio”.

Va comunque sottolineato che il prof. Pizzigati -con un gesto di riconosciuta eleganza- aveva sospeso ogni attività in attesa delle decisioni del Giudice ordinario.

Non è comunque intervenuta alcuna decadenza, né sussiste –come ex adverso si vorrebbe- “un’inammissibile duplicazione della cognizione” (così in primo grado gli appellati).

Secondo infatti un univoco indirizzo della giurisprudenza “l’ordinanza resa dal Presidente del Tribunale sull’istanza di ricusazione d’un arbitro, costituisce un provvedimento ordinatorio e strumentale…..in esito ad un procedimento incidentale di tipo sostanzialmente amministrativo” (Cassazione n. 4432/88 conforme 4924/98).

Va aggiunto -per compiuta ricostruzione della vicenda- che le controparti avevano anche imputato all’arbitro di non aver deciso la controversia “entro sessanta giorni dalla nomina” (così come testualmente prevedeva la norma statutaria), dimentichi che –alla stregua dei comuni canoni di ermeneutica (e della ragionevolezza)- dovrebbe sempre intendersi “dall’accettazione della nomina”.

Non è neppur concepibile che un termine possa decorrere ancor prima che chi ha investito delle funzioni arbitrali sia edotto della nomina.

Non restava che riproporre –stavolta se ne fecero promotori gli odierni appellanti- l’istanza per la designazione d’un nuovo arbitro (24 agosto 2005).

Il Presidente del Tribunale di Pordenone -con provvedimento del successivo 6 settembre- nominò l’avvocato Stefano De Micheli di Padova (doc. 15), ma nel frattempo era sopravvenuto altro fatto nuovo.

Con delibera del 2 settembre 2005 –adottata in forza della maggioranza che Giusyrossi deteneva in assemblea (e con il dichiarato dissenso della Fiduciaria Renzi)- furono apportate due sostanziali mende allo statuto, con il palese intento di rendere sempre più macchinoso il quadro procedimentale.

Vennero abrogati gli articoli 7 e 28, che prevedevano rispettivamente il diritto di prelazione in caso di cessione ed il ricorso alla procedura arbitrale; e ciò per “assicurare in presenza d’insanabili dissidi il ricorso ad un organo giudicante imparziale rappresentato dalla giustizia ordinaria” (doc. 16).

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- Sull’azione innanzi il Tribunale ordinario.

Ai consorti Poci non restava che promuovere l’azione innanzi il Tribunale con il rito introdotto dal D.Lgs. 5/2003.

Eccepirono a questo riguardo i convenuti che “secondo il principio tempus regit actum le controversie fra soggetti vincolati da clausola compromissoria vanno devolute in arbitrato a prescindere dai mutamenti successivamente intervenuti”.

Non è affatto così.

Come rimarcammo in primo grado, per univoco indirizzo della giurisprudenza “la questione relativa all’Autorità competente a giudicare su una controversia quando vi sia clausola compromissoria, è questione non di giurisdizione, ma di competenza”.

Perché una clausola compromissoria sia preclusiva della competenza del Giudice ordinario essa deve essere in vigore all’atto della proposizione della domanda: e ciò in base al canone fondamentale dettato dall’art. 5 c.p.c., secondo il quale “la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda”.

Quando venne introdotta -con citazione del 12 dicembre 2005- l’azione di retratto, la clausola compromissoria era ormai stata cancellata dallo statuto di Andromeda.

* * *

- Sull’impugnata sentenza.

La decisione del Tribunale ha respinto numerose tesi ed eccezioni prospettate dai convenuti, ritenendo fra l’altro non solo che fosse stata elusa la facoltà di prelazione, ma anche che l’esperito retratto avesse efficacia reale.

Nel merito tuttavia la domanda degli attori è stata respinta e ciò giustifica l’odierna impugnazione.

Il primo Giudice anzitutto ha respinto –sulla scorta dei principi dianzi richiamati- l’eccezione d’inammissibilità della procedura giudiziaria ordinaria: “il fatto che la correlativa procedura arbitrale avviata con la nomina dell’avvocato Pizzigati si sia poi conclusa con l’accoglimento dell’istanza di ricusazione non può certo essere d’ostacolo alla proposizione delle domande avanti questo Tribunale…. comunque (così in sentenza a pag. 6) la clausola statutaria prevedente il compromesso era stata abrogata, ragione in più di reviviscenza piena della normale competenza giurisdizionale pubblica”.

Rileva il Collegio che ai Poci fu inviata una missiva il 25.8.2004 nella quale venivano indicati l’entità delle quote che si sarebbero cedute, l’identità del cedente e dei cessionari, il prezzo (pari a 657.000,00 Euro per ciascuno).

Tale comunicazione sarebbe stata astrattamente idonea a far decorrere il termine per l’eventuale esercizio della prelazione, che i soci tuttavia non esercitarono.

Essi –come s’è già rimarcato nelle premesse- non diedero seguito a quella missiva, sapendo che Giusyrossi non era comunque disposta a versare quel corrispettivo.

Vale in proposito il principio secondo il quale “il diritto di prelazione può essere soddisfatto rivolgendo al terzo, che ne è titolare, sia la proposta corrispondente al contratto definitivo, sia quella corrispondente al preliminare, essendo entrambi vincolativi per le parti e tali da costituire il presupposto necessario e sufficiente per poter richiedere al terzo il tempestivo esercizio della prelazione a lui spettante (Cassazione n. 5370/87: fattispecie relativa alla prelazione prevista dallo statuto di una Srl a favore dei soci)”.

Rileva comunque il Tribunale che l’atto notarile di cessione del 4 ottobre 2004 “non riflette l’offerta dai cedenti comunicata ai Poci il 25 agosto 2004 in ordine ad un punto assolutamente determinante, ossia il prezzo della cessione”.

“Ne deriva –questa la conclusione in sentenza- che il loro diritto statutario di prelazione è stato così platealmente violato”.

Il Tribunale di Pordenone ribadisce che l’azione di retratto –sulla base di un consolidato orientamento della dottrina e della giurisprudenza di legittimità- ha natura reale (Cassazione n. 8645/98, 7614/96 e 691/2005).

Tale indirizzo ha sancito infatti la distinzione della prelazione convenzionale, la cui violazione comporta solo il risarcimento del danno (Cassazione n. 3571/99), rispetto la disciplina pattizia del diritto di prelazione attribuito ai soci nello statuto sociale: “clausola con efficacia reale i cui effetti sono opponibili anche al terzo acquirente” (n. 8645/98).

Movendo da queste premesse afferma tuttavia il primo Giudice che “oggetto del retratto non possono essere che le quote societarie cedute con l’atto notarile del 4 ottobre 2004”, salvo aggiungere che esse “giuridicamente non esistono più in conseguenza delle deliberazioni dell’assemblea societaria di Andromeda in data 28.4.2004: in tale sede si è infatti deliberato di azzerare il capitale sociale per perdite e di ricostituirlo”.

Ed ancora: “tutte le quote originarie di Andromeda, anche quelle oggetto dell’azione di retratto, sono state estinte….…non si tratterebbe più d’un’azione reale, nel senso mirata verso un bene giuridico concreto e specifico…..altre, equivalenti devono invece considerarsi le nuove quote……”.

* * *

- Primo motivo di censura.

Non furono solo i Poci –come si è dianzi rimarcato- a contestare l’eccessività dell’iniziale richiesta, bensì la stessa Giusyrossi, tant’è che demandarono una sorta di perizia arbitrale al commercialista Azzano Cantarutti, il quale ridusse il corrispettivo (per il 54,75%) ad 1.575.000,00 Euro.

Il che significa che –dopo un’attenta disamina delle scritture contabili e comunque della situazione patrimoniale- v’era una differenza rispetto la richiesta dei venditori di circa 760.000,00 Euro.

È sintomatico che l’8 ottobre (quattro giorni appena dopo l’atto notarile di cessione) l’acquirente –detentrice della maggioranza (ed evidentemente intenzionato ad abusarne- abbia convocato un’assemblea per deliberare sulle perdite che già avrebbero (secondo Giusyrossi) interamente eroso il capitale.

Come rimarcò il dott. Venturini –attingiamo al verbale del 28 ottobre 2004 (dimesso in primo grado ex adverso)- era quella un’iniziativa “palesemente strumentale, finalizzata all’azzeramento del capitale e alla conseguente eliminazione dei soci di minoranza”.

Nell’arco d’un mese d’altra parte –secondo questa paradossale delibera, sulla quale manifestarono motivato dissenso il dott. Venturini e gli stessi Poci- l’intero capitale sarebbe “svaporato” per asserite perdite, di cui l’avveduto commercialista Azzano Cantarutti e gli altri consulenti di Giusyrossi non s’erano in precedenza evidentemente accorti.

In previsione dell’assemblea fu dimessa una relazione nella quale si denunziava una perdite di 884.000,00 Euro, ascrivibile per 326.000,00 “all’andamento gestionale dei primi nove mesi del corrente esercizio” (quindi sino al 30 settembre e prima della vendita del 4 ottobre) e per il resto a crediti inesigibili (46.000,00 Euro) e ad una non corretta imputazione degli ammortamenti (per 512.000,00 Euro) riconducibile agli esercizi 2000, 2001, 2002 e 2003.

Ciò significava –qualora fossero legittime quelle valutazioni (che legittime non erano: ci si astenne dall’impugnarle preferendo esperire immediatamente il retratto)- che il capitale sociale da anni era stato eroso.

L’efficacia reale va intesa –sotto il duplice profilo lessicale e giuridico- quale traslazione dei diritti societari, poiché comporta il subingresso del retraente nella posizione del cessionario (sempre nel contesto della medesima stipula del 4 ottobre), quale titolare della partecipazione sociale.

Correttamente il D.Lgs 5/2005 (art. 1 n. 1/b) allude al “trasferimento delle partecipazioni sociali…….o dei diritti inerenti”.

Considerare nuove le quote derivanti dall’azzeramento con conseguente reintegra del capitale è frutto d’uno scolastico errore.

Innanzitutto perché le quote non sono necessariamente correlate al capitale sociale, bensì al patrimonio netto: la Srl può aver eroso per perdite il capitale nominale, ma vantare un patrimonio netto per milioni di Euro (era questo appunto il caso di Andromeda).

Per dirla con la Cassazione n. 5773/96, il contratto ha come oggetto non solo la partecipazione sociale, ma anche la quota parte del partrimonio sociale che la partecipazione rappresenta.

Ed ancora: “il trasferimento di quota riguarda tutti i diritti sociali che compongono la posizione del socio” (1355/1985), con la coerente conseguenza (attingiamo a Ferri, la Società, Utet 1989, pag. 944) che “il capitale sociale può essere ridotto a zero nonostante il patrimonio presenti un attivo netto, talora anche cospicuo”.

Ed è questa appunto la ragione per cui –nonostante la controversa tesi che le perdite avessero eroso il capitale- Giusyrossi pagò oltre un milione e mezzo di Euro per l’acquisto.

Per concludere sempre con la citata Cassazione, nella compravendita di partecipazioni sociali, qual è la compravendita di quote di società a responsabilità limitata “il contratto ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che la partecipazione rappresenta” (5773/96, conforme la Cassazione 13 dicembre 2006 n. 26690).

Con l’ulteriore appendice che le partecipazioni “sono attributive di un insieme di diritti ed obblighi in relazione alla società”.

Per concludere su quest’aspetto, oggetto del retratto esperito dagli appellanti era dunque la partecipazione sociale come rappresentativa di una quota del patrimonio sociale, nella quale essi hanno diritto a subingredire al posto dell’acquirente alla data del 4 ottobre 2004.

* * *

- Secondo motivo.

Nella vicenda in contesto non vi sono “vecchie” quote (esistenti all’atto della cessione del 4 ottobre e quindi successivamente “estinte” perché sostituite con la ricostituzione del capitale da asserite “nuove” quote): su questo presupposto si basa infatti la pronunzia qui impugnata, secondo la quale il retratto -avendo efficacia reale- poteva investire soltanto le quote esistenti alla data del 4 ottobre.

Dal verbale d’assemblea del 28 ottobre si rileva che le perdite sarebbero tutte anteriori al 30 settembre 2004: secondo quell’assunto quindi da anni Andromeda s’era “bruciata” il capitale e versava in stato di scioglimento (automatico e di diritto) a sensi dell’art. 2484 n. 4.

Secondo questa tesi, quando avvenne la cessione del 4 ottobre, il capitale nominale della Srl non esisteva più (stanti le pregresse ben maggiori perdite) e si dovette attendere l’assemblea del 28 successivo per disporne la ricostituzione.

A ‘sto punto non possiamo esimerci da una valutazione incidentale.

Se davvero oggetto del retratto fossero solo le quote -quale frazione percentuale del capitale sociale- esse già alla data del 4 ottobre 2004 non esistevano più e non valevano quindi nulla.

Perché mai Giusyrossi avrebbe invece versato un corrispettivo di Euro 1.575.000,00?

Appunto perché oggetto del retratto è la partecipazione sociale con tutti gli obblighi ed i diritti correlati, tant’è che si deve tener conto non del capitale nominale (che può essere completamente eroso per perdite), bensì del patrimonio netto.

E come dianzi abbiamo rimarcato, possono esservi Srl prive del capitale nominale, ma con un rilevante patrimonio netto (appunto il caso di Andromeda): e ciò giustifica il rilevante corrispettivo versato da Giusyrossi (oltre 3miliardi delle vecchie lire).

A prescindere da quest’assorbente rilievo –per cui mediante il retratto si subingredisce nella partecipazione sociale- non può parlarsi di vecchie e nuove quote, come s’assume in sentenza.

Nell’ipotesi infatti di perdita integrale del capitale sociale –attingiamo alla Cassazione 4923/95- “rientra nella facoltà dell’assemblea determinare l’inefficacia dello scioglimento determinatosi di diritto ed impedirne quindi gli effetti attraverso l’adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 2447”.

Le quote del capitale, si sarebbero estinte per perdite qualora l’assemblea non avesse rimosso le cause d’estinzione (cioè lo scioglimento automatico), ma nel nostro caso s’ebbe tale rimozione appunto con la delibera del 28 ottobre.

Infatti la reintegra del capitale fa venir meno “con effetto ex tunc lo scioglimento automatico della società” (ex multis, Cassazione 4489/80, 8928/94, 4923/95) ed i conseguenti effetti.

Ed ancora: “lo scioglimento della società si produce automaticamente ed immediatamente, salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita dalla reintegrazione del capitale… con il verificarsi dell’anzidetta condizione viene meno ex tunc lo scioglimento della società” (8928/94).

Pertanto la perdita del capitale (che si pretende avvenuta negli anni precedenti e comunque prima della cessione) non può assumere ai fini del retratto alcuna rilevanza (tamquam non esset).

La cessione delle quote ha come oggetto immediato la partecipazione sociale (con annessi obblighi e diritti) nella quale chi esercita il retratto subingredisce e la partecipazione sociale non è stata alterata dalla delibera del 28 ottobre, che ha fatto soltanto venir meno -retroagendo alla data d’asserita perdita del capitale (comunque anteriore al 4 ottobre)- l’automatico scioglimento.

La tesi del primo Giudice, secondo cui “le quote oggetto dell’azione di retratto giuridicamente non esistono più” stride con questi consolidati principi.

* * *

- Terzo motivo.

Anche sotto un diverso profilo non par corretta la soluzione adottata dal Tribunale.

Sulla scorta dell’art. 2482/IV “in tutti i casi di riduzione del capitale per perdite è esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci”.

I Poci avrebbero però dovuto –rileva il primo Giudice- “ sottoscrivere il nuovo capitale sociale come ricostituito nel termine di trenta giorni” e ciò non avvenne per cui “dal 20 ottobre 2004 non sono neanche più soci dell’Andromeda srl".

A prescindere dal fatto che in pendenza del termine di sottoscrizione valeva il disposto dell’art. 2482/IV, che esclude “ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci”, in ogni caso quel che è avvenuto dopo il 4 ottobre –sulla scorta d’una spregiudicata strategia mirante ad alterare gli assetti societari- non ha rilevanza ai fini del retratto.

* * *

- Quarto motivo.

È comunque arbitraria la conseguenza trattane dal Collegio, secondo il quale “fra il 4 ed il 28 ottobre non intervenne alcun valido atto d’esercizio della prelazione”.

Il primo Giudice allude alla raccomandata del 26 ottobre 2004 (doc. 8 del nostro fascicolo di primo grado) indirizzata congiuntamente dai tre Poci ai venditori Lenardon, Andronico e Grusan, nonché all’acquirente Giusyrossi.

In essa testualmente s’afferma che “la cessione delle quote da parte di Lenardon, Andronico e Grusan per un prezzo di 479.375,00 Euro ciascuno risulta avvenuta in spregio alla facoltà di prelazione; intendiamo pertanto impugnare la cessione medesima e conseguire il riscatto delle quote compravendute”.

Tal missiva –così leggiamo in sentenza- “in quanto sicuramente atto recettizio, deve considerarsi rituale ma tardiva: essa infatti è stata ricevuta da Andromeda e soprattutto da Giusyrossi -soggetto nei cui confronti il retratto deve esplicare effetti- il 29 ottobre 2004 quando detta deliberazione estintiva era già stata adottata”.

Quest’assunto si basa su un equivoco, confondendo l’esercizio della prelazione (che s’effettua con una dichiarazione indirizzata entro trenta giorni al venditore con innegabile carattere recettizio), con l’esercizio del retratto.

Dei due istituti –appunto prelazione e retratto- diversi sono i presupposti: nel primo caso si da riscontro alla denuntiatio (e la cessione non è ancora avvenuta), nel secondo la vendita è già stata effettuata.

Torniamo a rimarcare che per l’esercizio della prelazione necessita una dichiarazione dall’innegabile contenuto recettizio (entro quel tassativo termine), mentre per l’esercizio del retratto non è prevista alcuna preliminare dichiarazione di carattere recettizio.

Essendo ormai intervenuta la cessione a terzi del bene, non può più esercitarsi la prelazione, ma può solo venir introdotta con domanda giudiziale l’azione di retratto, i cui effetti retroagiscono alla data di stipula (cioè al 4 ottobre 2004), facendo subingredire il retraente nella medesima posizione contrattuale del retrattato.

Con la raccomandata quindi (datata 26 ottobre 2004) i consorti Poci non hanno affatto inteso esercitare nulla, si sono limitati ad avvertire i venditori che essendo la cessione avvenuta in spregio alla disciplina statutaria avrebbero agito in retratto.

E così fecero tempestivamente.

* * *

- Quinto motivo.

Del pari non condivisibile è l’assunto del primo Giudic, il quale ritiene “priva di ogni supporto probatorio… la domanda subordinata dei Poci volta ad ottenere una condanna risarcitoria… domanda nemmeno basata sull’allegazione di specifici fatti causativi di danno risarcibile”.

Il danno nel caso in contesto si coglie in re ipsa, cioè nella mancata acquisizione della partecipazione societaria da parte dei Poci, che già detenevano il 25% e che avrebbero quindi conseguito la maggioranza qualificata.

Per la relativa determinazione s’era chiesto venisse disposta un eventuale consulenza per valutare –al netto del corrispettivo che in forza del retratto avrebbero dovuto versare- la perdita patrimoniale dei essi subita.

* * *

Ciò premesso,

si citano

1- GIUSYROSSI s.r.l da Conegliano. in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, nel domicilio eletto nello studio del proprio difensore avvocato Anna D’Agostino a Pordenone Via Cavallotti, 18

2- ANDROMEDA S.p.a (già s.r.l) da Clauzetto in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, nel domicilio eletto nello studio del proprio difensore avvocato Anna D’Agostino a Pordenone Via Cavallotti, 18

3- LUCIO LENARDON da Valvasone nel domicilio eletto nello studio del proprio difensore avvocato Anna D’Agostino a Pordenone Via Cavallotti, 18

4- FEDERICO ANDRONICO da Mogliano, nel domicilio eletto nello studio del proprio difensore avvocato Anna D’Agostino a Pordenone Via Cavallotti, 18

5- GRUSAN s.r.l. da Porcia, in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, nel domicilio eletto nello studio del proprio difensore avvocato Anna D’Agostino a Pordenone Via Cavallotti, 18

6- FIDUCIARIA RENZI s.r.l. , in persona del legale rappresentante pro tempore, nella sede di UDINE via Mantica n. 28

a comparire avanti la Corte d’Appello di Trieste all’udienza del 14 (quattordici) dicembre 2009_,ora di rito, avvertendoli che potranno costituirsi almeno venti giorni prima con le modalità dettate dall’art. 166 e che altrimenti si verificheranno le decadenze previste dall’art. 167 c.p,c, per sentirvi accogliere le seguenti

conclusioni:

- in riforma della sentenza n. 518/2008 del Tribunale di Pordenone (nel procedimento n. 1247/2006 R.G.) depositata il 24 giugno 2008 e mai notificata

- s’accerti che la vendita delle partecipazioni in Andromeda S.r.l. -stipulata il 4 ottobre 2004 da Lucio Lenardon, Federico Andronico e Grusan sas di Sandrin G. & C. (ora Grusan s.r.l.) con Giusyrossi Srl- è avvenuta in spregio alla facoltà di prelazione ex art. 7 dello statuto sociale;

- si dia atto che agli appellanti compete il conseguente retratto: li si dichiari pertanto subentrati con efficacia ex tunc (4/10/2004) all’acquirente in proporzione delle rispettive quote (o in diversa percentuale, non avendo la Fiduciaria esperito il retratto e quindi anche per l’intera partecipazione ceduta);

- in subordine - qualora venisse ritenuta nulla o comunque inefficace nei loro confronti la vendita (o la si annullasse)- li si dichiari –nella percentuale che a ciascuno compete- titolari della partecipazione medesima o comunque la si trasferisca a ciascuno di loro sempre in ragione dei rispettivi diritti;

- si dia atto della ribadita disponibilità a corrispondere (per l’ammontare di rispettiva pertinenza) il prezzo dedotto in contratto (con gli accessori al tasso legale, se dovuti) e ciò entro il termine che verrà loro prefisso, restando eventualmente subordinata l’efficacia della pronunzia a tale adempimento;

- si dia atto inoltre dell’incondizionata disponibilità ad ottemperare alle medesime condizioni pattuite dagli originari contraenti nella stipula del 4 ottobre 2004, che debbono intendersi qui espressamente richiamate;

- il tutto con efficacia estesa –per quanto di ragione- ad Andromeda Srl, i cui organi dovranno provvedere alle conseguenti iscrizioni;

- in subordine -rispetto le domande tutte dianzi formulate- s’accerti la responsabilità dei venditori (individualmente o in via fra loro solidale) per i danni derivati dalla violazione degli obblighi statutari e dalla mancata acquisizione, con la conseguente condanna al risarcimento nella misura che sarà accertata;

- s’accerti inoltre la responsabilità dell’acquirente Giusyrossi –in proprio o in via solidale con i venditori (anche con riguardo al disposto del 2043 c.c.)- per aver stipulato l’atto del 4 ottobre 2004, pur essendo edotta che sussisteva la lamentata violazione statutaria, con la conseguente condanna al risarcimento di tutti i danni dai Poci sofferti;

- con la conseguente tassazione delle spese in capo ai venditori Lenardon, Andronico e Grusan e all’acquirente (ciascuno in proprio o in via solidale) per entrambi i gradi di giudizio;

Si dia corso -occorrendo- ad una consulenza tecnica per accertare l’entità del pregiudizio subito dagli appellanti.

* * *

S’allegano la sentenza impugnata, i fascicoli della precedente fase (per Danilo e Walter Poci e per Christian Poci), nonché quello dell’attuale grado.

* * *

Ai fini del contributo il valore della controversia è superiore allo scaglione G (oltre 516.457.00).

Le comunicazioni potranno essere effettuate allo studio avvocato Alberto Cassini al numero di Fax 0434 – 27347.

Pordenone, 14 maggio 2009


MANDATO: deleghiamo a rappresentarci e difenderci nel presente procedimento gli avvocati Pompeo Pitter ed Alberto Cassini di Pordenone e Piero Gerin di Trieste, cui conferiamo le più ampie facoltà in via disgiuntiva, eleggendo domicilio nello studio di quest’ultimo in via Carducci n. 10.

Sono autentiche:

Relazione di notifica



Richiesto come sopra, io sottoscritto Aiutante Ufficiale Giudiziario addetto all’ufficio Unico Notifiche del Tribunale di Pordenone, ho notificato come

notifico

l’atto di citazione d’appello su esteso come segue:

alla FIDUCIARIA RENZI s.r.l. , in persona del legale rappresentante pro tempore, nella sede di UDINE via Mantica n. 28, mediante invio di una copia conforme ed autentica a mezzo del servizio postale, Ufficio di Pordenone, con raccomandata r.r. a sensi di legge



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